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Interviste

Esclusiva: Arrigo Sacchi

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Esclusiva: Arrigo Sacchi sull'Italia

Esclusiva: Arrigo Sacchi. “Berlusconi? Un grande uomo. Il mio Milan era un’idea, prima ancora che una squadra”.

Esclusiva: Arrigo Sacchi

Davide Sacchetti ha intervistato in esclusiva (clicca QUI per altre esclusive) per Calcissimo.com Arrigo Sacchi, uno degli allenatori più rivoluzionari della storia del calcio. Dopo una brillante esperienza al Parma, Sacchi è stato scelto da Silvio Berlusconi per guidare il Milan alla fine degli anni ’80, costruendo una delle squadre più iconiche e dominanti di sempre, vincitrice di una Serie A, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. In seguito ha guidato anche la nazionale italiana, portandola alla finale dei Mondiali del 1994. In questa intervista, Sacchi racconta il suo rapporto con Berlusconi, gli anni d’oro al Milan, l’avventura con l’Italia e molto altro.

Esclusiva: Arrigo Sacchi

Il primo incontro con Berlusconi e l’inizio della storia con il Milan

Che rapporto aveva con Berlusconi e cosa rappresentava il Milan?
“Io non conoscevo il presidente Berlusconi. Allenavo il Parma, e lui venne a vedere i nuovi acquisti. Dopo cinque minuti, il presidente del Parma mi disse: ‘C’è il presidente del Milan che vorrebbe conoscerti’. Ci incontrammo, mi diede la mano e mi disse: ‘La seguirò con attenzione’.
Il giorno dopo uscì il tabellone: avremmo giocato contro il Milan. Avevo tutti ragazzi di 16-17 anni e vincemmo 1-0. Berlusconi tornò a parlarmi e mi disse di nuovo: ‘La seguirò’. Gli piaceva come giocavo, e quando seppe che la Fiorentina mi aveva contattato, mi fece chiamare. Il suo capo della comunicazione mi disse: ‘Il presidente ti vuole’.
Mi ricevettero, lui non c’era, ma c’erano tutti i suoi uomini. Firmai subito e dissi: ‘Scrivete quello che volete, io mi impegnerò al massimo’.”

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Il ruolo decisivo degli olandesi nel suo Milan

Quanto erano importanti gli olandesi nel suo Milan?
“Purtroppo Van Basten si fece male e restò fuori per sette partite. Ma erano tutti ragazzi con una grande voglia di migliorare, molto bravi. Lavoravamo moltissimo, ma poi si è visto: vincevamo le coppe e giocavamo bene.”

La chiamata della Nazionale e l’amarezza mondiale

Quanto è stata emozionante la chiamata della Nazionale? Ha rimpianti per non aver vinto il Mondiale del ’94?
“Non ho rimorsi, sarei uno sciocco. Non ci fecero andare dove volevamo, ci mandarono nel posto più caldo degli Stati Uniti, a 10 km da New York, con un’umidità altissima e temperature mai sotto i 40 gradi: un disastro. I medici erano disperati, dicevano che dopo sei o sette settimane i giocatori avrebbero perso massa muscolare, e così fu.

Ma era un gruppo fortissimo: Baresi era stato operato dieci giorni prima e c’era un’incredibile voglia di vincere. Mi è stato detto che alcuni politici avevano paura che vincessimo, perché Berlusconi avrebbe poi mandato a casa tutti. Il presidente era un grande uomo: manteneva sempre la parola e sapeva farsi capire. Una volta convocò tutta la squadra e mi chiese se poteva dire qualcosa. Disse: ‘Buongiorno a tutti, io ho totale fiducia in Arrigo. Chi lo seguirà rimarrà, chi no, andrà a casa’.”

Esclusiva: Arrigo Sacchi

L’esperienza all’Atlético Madrid

Come valuta la sua esperienza in Spagna con l’Atlético Madrid?
“Devo dire che erano bravi, anche se non avevano una grande squadra. Io ero comunque contento del lavoro fatto, ma avevo voglia di tornare a casa. Lo dissi e rinunciai anche a parte dello stipendio. È stata un’esperienza positiva: ancora oggi siamo in ottimi rapporti.
Successivamente mi cercò anche il Real Madrid, credo intorno al 2000, ma rifiutai.”

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Un giocatore che avrebbe voluto allenare?

C’è mai stato un calciatore che avrebbe voluto allenare?
“No. Io dicevo sempre al presidente: ‘Questo non mi interessa, quest’altro non lo voglio’. Perché conoscevo i loro vizi. Io volevo persone affidabili. Guardavo la testa, l’educazione, la volontà dei giocatori. Ancelotti, ad esempio, aveva problemi fisici. Il presidente mi disse: ‘Arrigo, questo ha troppi infortuni’. Ma quella notte, alle 2:30, mi chiamò Galliani e mi disse: ‘Io con la Roma per Carlo avrei fatto, ora devi convincere tu il presidente’. Lo chiamai e gli dissi: ‘Se mi prende Ancelotti, vinciamo il campionato’. E così è stato.”

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