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Theo Hernandez al veleno: “Milan? Mi hanno cacciato”
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5 ore agoon
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Luca Boate
Theo Hernandez al veleno contro Furlani facendo intendere di essere stato messo alla porta in estate dal dirigente rossonero.
Un addio doloroso, maturato in un’estate tormentata, più subito che realmente voluto. Da Riad, dove il Milan ha vissuto una fugace e deludente esperienza in Supercoppa italiana contro il Napoli, Theo Hernandez è tornato a parlare per la prima volta della sua separazione dai rossoneri dopo sei stagioni intense, fatte di vittorie, passione e anche difficoltà. Lo ha fatto in una lunga intervista concessa alla Gazzetta dello Sport: “Qui sto da dio. È stata la scelta migliore. L’unico neo è il traffico: tremendo”.
Poi il campo e il rapporto con chi lo ha voluto all’Al Hilal, dopo i tanti derby infuocati vissuti a Milano: “Inzaghi mi ha detto: ‘Andiamo a vincere insieme?’. So che all’Inter lo chiamavano “demone”. In campo una persona, fuori un’altra: un gentleman. Ogni tanto mi ha fatto qualche battuta sul fatto che l’anno scorso gli ho fatto perdere la Supercoppa qui a Riad, ma anche lo staff mi ricorda i derby o i duelli con Dumfries”.
Theo Hernandez al veleno
Impossibile non tornare sul tema dei derby e sul suo Milan: “Ci siamo incontrati prima della partita con il Napoli. Quando andai via non riuscii ad abbracciarli tutti come avrei voluto. Mi dispiace che abbiano perso. Ho detto “bravo” a Bartesaghi, che si merita tutto, e abbracciato Modric, con cui ho giocato a Madrid. Un genio: è di un altro livello. Ho visto Allegri, Tare e Ibra. Furlani non si è fatto vedere”. Una precisazione tutt’altro che casuale, che introduce un concetto chiave: “Io non sarei mai andato via. La mia priorità era restare. La direzione che ha preso il club e alcune decisioni non rispecchiano i valori e l’ambizione che mi hanno portato qui. Quando sono arrivato c’erano Massara, Boban e Maldini, il mio idolo. Ibra è un top, ma dopo Paolo è cambiato tutto in peggio”.
Come spesso accade negli addii complicati, restano strascichi e ferite aperte: “So che ho commesso degli errori, come le espulsioni con la Fiorentina o col Feyenoord, ma siamo umani. Non ero sereno mentalmente e avrei potuto fare meglio, ma i tifosi sanno chi è stato Theo al Milan”. Spazio anche alle voci più pesanti circolate sul suo conto: “Finalmente ho l’occasione di parlarne: c’è chi vuole rovinarti la vita e la carriera. Sono stato male nel leggere certe cose, ma la mia famiglia sa che non è vero”.
Un futuro rossonero?
La sensazione, forte, è quella di essersi sentito abbandonato: “Avrei meritato un trattamento migliore. Non me l’aspettavo. Alcuni compagni mi spingevano a restare, ma quando un dirigente ti chiama e ti dice “se resti qui ti mettiamo fuori rosa” io che cosa posso fare? Cerco altro. Dopo l’addio di Maldini mi sono sentito spaesato. L’anno scorso io e Calabria ci presentammo a Milanello con la maglia di Paolo, a qualcuno non andò bene. Hanno strappato una bandiera per nulla. A parte Ibra, la mancanza di milanismo si sente”.
Eppure, nonostante tutto, il cuore rossonero continua a battere: “Se il Milan vincesse lo scudetto festeggerei in mezzo ai tifosi. Tornare? Ora voglio vincere qui. Ma finché ci sono certe persone non torno”.
















