Amarcord
Juve, Llorente: “Sono un uomo felice, ho imparato tanto guardando Ibra”
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12 anni agoon
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Redazione
Il centravanti spagnolo della Juventus, Fernando Llorente, si confessa in esclusiva al quotidiano torinese “La Stampa”: “Adesso sono un uomo felice: venire qui è stata la decisione migliore che potessi prendere. Finalmente mi sento il giocatore che sono sempre stato. Perchè sono partito con tanti dubbi? Fu negli Stati Uniti, un periodo durissimo perché non capivo che cosa stesse succedendo. A Châtillon stavo bene, ma poi ho accusato i carichi di lavoro. E mi sentivo stanco. Non ci ero abituato. Una stanchezza fisica e mentale: mi fece venire dubbi. Non riconoscevo neppure me stesso: quel giocatore non ero io. Conte cosa mi diceva? Stai tranquillo e lavora, arriverà il tuo momento. Cinque mesi dopo, chi sono? Il giocatore che ero: ho recuperato la forma, quella che ti danno le partite. Mi trovo molto bene con la squadra, dopo tanto lavoro, fisico e tattico, sui movimenti. E sono una persona felicissima: venire alla Juve è stata la miglior decisione. Conte dice che posso diventare anche il bomber che non sono mai stato? Posso diventare più forte di quello che ero, fino a dove non so: ma non lo puoi mai sapere. Io e la squadra, però, possiamo solo crescere. Segnare è importante, ti dà fiducia e ti aiuta a migliorare. Però è vero, sono molto altruista, mi piace giocare con la squadra: se vedo uno messo meglio di me, gli passo la palla. Se mi arrabbio? Solo qualche volta. E dicono che quando capita, gioco meglio. Essere più cattivo, sul campo, è una delle cose in cui devo migliorare. E una delle cose che mi dicono. Chi è il più ‘cattivo’ della Juve? Ho grandissima ammirazione per Giorgio (Chiellini, ndr). Sempre concentrato, cattivo, mai lo vedi fuori partita. Basta vedere come si allena, la predisposizione che ha ogni giorno, fin dal riscaldamento, quello che voi non vedete. Quando è cambiata la mia stagione? Non è stato un gol, ma la fiducia del mister: poter giocare ogni partita, è quello che mi ha fatto crescere. La mia fidanzata Maria? Ora è a Madrid, sta facendo il tirocinio in ospedale, ma con il nuovo anno lo farà qui, all’ospedale delle Molinette. Stiamo insieme da dieci anni, sono molto contento. Dove ci siamo conosciuti? A Bilbao: nella residenza per i giocatori fuorisede c’erano anche gli studenti, tra cui lei, che è di San Sebastian, iscritta a Medicina. Calciatore e dottoressa, coppia inedita? A lei il calcio proprio non piaceva, ma ora, dopo anni, vede tutte le partite. Gelosa? Non molto, anche se alla fine tutte le donne lo sono. Io geloso? Non mi dà motivi per esserlo. Sì, da quando avevo undici anni, all’Athletic: sempre stato una testa più alto degli altri. Più bravo di piede o di testa? Di piede, il gioco aereo è andato migliorando durante la carriera. Ho avuto buoni maestri, come Ismael Urzaiz, uno fortissimo. Sono alto, è una qualità di cui posso approfittare. La testa è più importante per segnare o per pensare? Bisogna averla al suo posto, per arrivare lontano. A 11 anni andai a Bilbao, 80 chilometri da casa, e fu dura: l’inizio con Conte? (Sorriso) Anche più dura. L’idolo da piccolo? Sono cresciuto all’epoca del ‘Dream Team’ di Cruyff nel Barcellona: dunque, Michael Laudrup, Ronaldo, Romario, Stoichkov. E’ sempre importante imparare dagli altri. Soprattutto da quelli simili a me come statura. Uno? Ibrahimovic. Tevez? Mi piace il suo carattere, è un guerriero. Per essere piccolo, difende benissimo la palla di schiena e si gira benissimo. Se la Juve può vincere tutto? Noi pensiamo proprio a quello e per questo dobbiamo andare alla morte, in ogni partita“.
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