Amarcord
Massimo Moratti, da ‘Giovin Signore’ ad eroe del Triplete…
Published
12 anni agoon
By
Redazione
“La società sta facendo un grande salto in avanti. Tutta la mia famiglia resta a disposizione di questo club, anche se abbiamo deciso di passare la mano. I nuovi proprietari hanno entusiasmo, professionalità e desiderio di far crescere l’Inter. Questo club non appartiene ai dirigenti, è un sentimento che si trasmette ai tifosi e ai giocatori, è ciò che diventa passione e ricordo. Vi ringrazio per avermi dato la possibilità di vivere questa esperienza meravigliosa e vi auguro di avere ancora maggiori successi”. Sono queste le ultime dichiarazioni di Massimo Moratti da presidente dell’Inter, una manciata di parole intrise di passione e dolore, ma dettate dalla responsabilità di un genitore che vede crescere il suo amato figlio e lo invita a spiccare il primo volo, a cercare la sua strada nel caotico marasma del mondo…
Sì, perchè il rapporto tra Massimo Moratti e l’Inter ricalca più che mai quello tra un padre e un figlio: una continua centrifuga di emozioni, gioie, bisticci e delusioni, tenute insieme dal collante fondamentale dell’amore. Era infatti il lontano 1955 quando le sorti della famiglia Moratti e dell’ Fc Internazionale si incontrarono per la prima volta, per poi dividersi nel 68′ e riprendere il percorso comune nel 1995, quando, spiazzando tutti, il giovane Massimo aveva deciso di riportare ‘a casa’ un’Inter vessata dalle difficoltà economiche e societare. E’ la classica storia del figliol prodigo…
Così, ripresa la creatura sotto la propria ala, Moratti ha subito combattuto contro i pregiudizi e le critiche di un ambiente depresso, che aveva ancora negli occhi i trionfi di Angelo: “Il paragone con tuo padre ti schiaccerà, la Grande Inter è qualcosa di irripetibile…“-dicevano. Chissà quante volte, specie nei primi dieci anni di presidenza, questa parole sono risuonate nella mente di Massimo, Giovin Signore di parinania memoria, troppo giovane per afferrare il timone della compagnia di famiglia (la Saras, affidata al fratello primogenito Gianmarco) e troppo inesperto per guidare una squadra di calcio…
E i fatti, almeno inizialmente, sembravano dare ragione alle malelingue: i primi anni di gestione raccontano un bottino magro di soddisfazioni, l’umiliazione di una coppa Uefa persa in casa, e troppi campionati gettati alle ortiche, nonostante i tanti investimenti. Poi, nel 1998, la prima gioia, sempre in Coppa Uefa, grazie a Ronaldo e Gigi Simoni, che vedono sfumare lo scudetto in maniera rocambolesca (ricordate il rigore Iuliano-Ronaldo?) ma trionfano a Parigi con un secco 3-0 contro la Lazio. Sembra un nuovo inizio, la più bella delle rinascite.
E invece no, non è ancora tempo di Grande Inter. Le umiliazioni proseguono a nastro, culminando in quel 5 maggio 2002, quando le lacrime di Ronaldo testimoniano la frustrazione e l’incapacità a reagire di una squadra bloccata psicologicamente dal peso di uno scudetto che mancava dal 1989.
Intanto gli anni passano, il Fenomeno ha salutato tutti ed è andato ad alzare trofei sotto il cielo di Madrid: dato il benservito ad Hector Cuper, si riparte con un vecchio pupillo di Moratti, quel Roberto Mancini che tanto sognava da calciatore e che sarà il primo allenatore ad alzare un trofeo in nerazzurro: si tratta della Coppa Italia 2005.
Questa volta sì, siamo alla svolta. Scoppia lo scandalo ‘Calciopoli’, l’Inter fa l’asso-pigliatutto del calciomercato, imparando dai propri errori passati e perchè no, anche dalle scelte di dirigenti di altre squadre. Arriva il blocco-Juve: Ibra e Vieira trascinano i nerazzurri alla vittoria dello scudetto. Uno, due, tre, quattro e poi cinque volte di fila.
Cambiano gli interpreti, arriva Josè Mourinho, e questa è storia recente. Triplete nel 2010, apice della presidenza Moratti: dall’alto del mondo non si poteva che scendere, non poteva che cominciare la parabola discendente…
Lo aveva capito, a suo tempo, il buon Josè, che subito ha fatto i bagagli salutato come il salvatore della patria; non voleva capirlo, non lo voleva accettare il buon Massimo, che è subito ripartito con nuova linfa e nuove aspettative, ancora una volta deluse. Troppo ardua la sfida di ricomporre i cocci del post-Triplete, in una piazza ormai abituata a pane e vittorie, troppo difficile la situazione conomica, anche per lui, un tempo rampollo di una Milano che sprizzava benessere da tutte le vie.
Così, la decisione di dire basta, questa volta per sempre. Gli rimarrà la soddisfazione di essere il presidente più vincente della storia dell’Inter (altro che papà Angelo…) e di essere l’unico, ma proprio l’unico, ad aver saputo apprezzare appieno il piede fatato di Alvaro Recoba. E non sono cose da poco.
Grazie di tutto, Massimo.
You may like

Un libro scritto col cuore: Heysel, il peso della memoria

Magrin: l’erede mancato di Platini
26 LUGLIO 2006, INTER CAMPIONE D’ITALIA: ASSEGNATO LO SCUDETTO 2005-06

18 LUGLIO 1942, NASCE GIACINTO FACCHETTI

4 LUGLIO 2006, ITALIA IN FINALE: GROSSO E DEL PIERO STENDONO LA GERMANIA

26 GIUGNO 2006, TOTTI DECIDE DAL DISCHETTO















