Juventus
Tudor e il Derby d’Italia
Juve-Inter non sarà mai una partita come le altre!
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3 mesi agoon

Tudor e il Derby d’Italia, una storia vecchia quasi trent’anni, che continua ancora oggi… Una rivalità mai sopita, una partita che vale più di tre punti!
Derby d’Italia: la partita di Tudor
Igor Tudor è pronto ad affrontare il suo primo derby d’Italia da allenatore della Juventus: “Vale più di tre punti – le sue parole in un’intervista con l’ex compagno Ciro Ferrara a Dazn -.
A me questo peso piace, mi viene più facile preparare queste partite. L’Inter è una grande squadra, hanno due finali di Champions, arriveranno allo Stadium giocatori maturi. Noi ci giochiamo le nostre carte e poi vediamo chi sarà il migliore”.
La chiacchierata con Ferrara, suo compagno di reparto in tutte e sette le stagioni disputate in bianconero, è stata l’occasione per parlare del mondo Juve a 360°:
“Per me la Juve rappresenta una parte della mia vita. Mi ha costruito come persona e come professionista.
Professionalmente la Juve è una parte di me. Quando arrivai (nell’estate del 1998, ndr) era la squadra che vinceva la Champions, che vinceva coppe importanti.
Era una cosa quasi irreale. Era particolare vedere Zidane allenarsi solo su un campo che era preparato tutti i giorni, non ce ne erano diversi…
Sono cose che mi sono rimaste e come Marcello (Lippi, ndr) ci insegnava, la porta la portavamo noi, i palloni e tutto lo portavamo noi. Erano tempi diversi”.
“Tu, Iuliano, Montero, Pessotto, Birindelli, Del Piero – ha proseguito il croato -, tutta gente che mi ha insegnato.
Per esempio l’incazzatura per una partitella persa in allenamento. È una cosa che ogni tanto gli dico ai ragazzi.
Si insegna con i fatti e con l’esempio, qui e con i miei figli, e con la coerenza. Devi stare sul pezzo tutti i giorni. L’allenamento è tutto, la partita è la cosa più facile”.
Da calciatore ad allenatore
Poi il discorso è tornato al presente: “Il primo giorno da allenatore? Sensazioni bellissime, io ho giocato poco da calciatore.
Ho smesso presto, ho avuto grandi problemi di caviglie, la mia carriera seria è stata di 5-6 anni, ho smesso che ne avevo 28-29.
Avevo dentro questa sensazione di non aver dato tutto quello che avevo e quando ho iniziato, presto, ad allenare avevo questo sogno di allenare la Juve che si è avverato presto. Ho pensato che fossi in debito con questo club”.
Si è parlato anche di alcuni singoli a partire da Bremer: “Ha un’importanza enorme da tutti i punti di vista.
Come giocatore, come leader di cui questo spogliatoio ha bisogno. È un ragazzo buonissimo e poi in campo diventa cattivo. Sì, abbiamo un buon rapporto, si mette a disposizione”.















