Milan
De Siervo risponde a Rabiot: “Deve avere rispetto dei soldi”
Published
2 mesi agoon
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Luca Boate
De Siervo risponde a Rabiot, che aveva polemizzato su Milan-Como in Australia: “Deve avere rispetto dei soldi che guadagna”.
Milan-Como di campionato che emigra in Australia continua a far discutere. Polemiche iniziate quando lo scenario era ancora soltanto un’ipotesi. E polemiche proseguite ovviamente anche adesso che la Uefa ha dato il proprio benestare (sebbene sotto forma di una tantum).
Nelle ultime ore si era espresso in merito Adrien Rabiot – giocatore direttamente coinvolto nella lunga trasferta-. Con queste parole riportate da Le Figaro dal ritiro della nazionale francese:
“Sono rimasto sorpreso quando ho saputo che con il Milan giocheremo una partita di Serie A in Australia. È completamente folle. Ma si tratta di accordi economici per dare visibilità al campionato, cose che ci superano. Si parla molto dei calendari e della salute dei giocatori, tutto questo sembra davvero assurdo. È pazzesco fare così tanti chilometri per una partita tra due squadre italiane in Australia. Dobbiamo adattarci, come sempre”.
De Siervo risponde a Rabiot
Più schietto di così. E a stretto giro di posta, a margine dell’assemblea di Lega all’Olimpico di Roma, è arrivata la replica di Luigi De Siervo:
“Rabiot si scorda, come tutti i calciatori che guadagnano milioni di euro, che sono pagati per svolgere un’attività, cioè giocare a calcio – ha detto l’ad della Lega -. Dovrebbe avere rispetto dei soldi che guadagna e assecondare maggiormente quello che è il suo datore di lavoro, cioè il Milan, che ha accettato e spinto perché questa partita si potesse giocare all’estero”.
La polemica tra Adrien Rabiot e Luigi De Siervo sul caso Milan-Como in Australia mette in luce un aspetto che, nel confronto tra potere economico e interessi sportivi, rischia di passare in secondo piano: i tifosi, soprattutto quelli abbonati. In questa vicenda, sono loro le vere vittime silenziose, costrette ad accettare una decisione che snatura il concetto stesso di tifo e appartenenza.
Il calcio è nato e vive grazie alla passione popolare, non ai bilanci o agli accordi commerciali. Gli abbonati, che ogni anno investono tempo, denaro e cuore per seguire la propria squadra, vengono ora penalizzati da una scelta che li esclude completamente. Non tutti possono permettersi di volare dall’altra parte del mondo per assistere a una partita di campionato, e vedere la propria squadra “emigrare” per motivi economici non può che lasciare un senso di amarezza.
Si può comprendere la logica di marketing dietro un’operazione del genere, così come si può capire la frustrazione di un calciatore davanti a calendari sempre più stressanti. Ma alla fine, chi ama davvero il calcio — quello vissuto sugli spalti, nella propria città, con la propria gente — si ritrova sempre a pagarne il prezzo più alto.
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