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Editoriale Milan – Una crisi senza fine
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12 anni agoon
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Redazione![Calcissimo image placeholder](https://www.calcissimo.com/wp-content/uploads/2023/11/calcissimologobiancoconsfondo_01-1-1.png)
Doveva essere la partita della svolta, quella che avrebbe rilanciato il Milan dopo un inizio di stagione avaro (se non privo) di soddisfazioni. La svolta c’è stata, ma in negativo. I rossoneri escono con le ossa rotte dalla Rosaleda dopo non aver mostrato (ancora una volta) nemmeno una parvenza di gioco, incassando così la terza sconfitta consecutiva fra campionato e Champions League.
Ennesimo cambio di modulo, reparti sfilacciati, la solita abulia in attacco… Chi più ne ha, più ne metta. La sensazione è che la confusione non regni sovrana solo in campo, ma anche in panchina e dietro la scrivania di via Turati. La pessima situazione in cui si trova questo Diavolo scornato non ha infatti un solo colpevole; piuttosto ognuno sembra averci messo del suo: se i giocatori lasciano più che a desiderare sul rettangolo di gioco, anche l’allenatore dovrebbe rispondere delle sue scelte che più di una volta han fatto storcere il naso a stampa e tifosi, per non parlare infine della dirigenza rea di non aver allestito una squadra quantomeno competitiva.
Troppe volte in questi giorni si è celata la mancanza di gioco dietro allo scarso rendimento di Boateng, uomo chiave della manovra rossonera. Ebbene, il ghanese a Malaga si è accomodato in tribuna, ma di miglioramenti neanche l’ombra: si è cercato di sopperire alla mancanza di fantasia e di idee rinforzando la difesa e aumentando il peso in attacco, ma possiamo affermare che l’esperimento è miseramente fallito. Anche in Spagna la retroguardia ha inizialmente contenuto bene le folate offensive degli avversari, salvo crollare e farsi infilare ovunque dopo il gol di Joaquin con il rischio concreto che a fine partita il passivo potesse essere ben più amaro.
Se andiamo a spulciare le statistiche, ci accorgiamo che l’assetto difensivo testato a Malaga è l’undicesimo schieramento diverso in undici partite: ciò significa che, oltre al fatto in cui i calciatori chiamati in causa non offrono le dovute garanzie, il tecnico non sa più da che parte girarsi per porre rimedio a questa difesa colabrodo. Non parliamo poi della fase offensiva, ben poca cosa ieri sera: si è salvato il solito El Shaarawy, ma con un Pazzini così nemmeno il Faraone può combinare granché. Ogni tifoso si chiede appunto perché Allegri insista a puntare su di lui che in maglia rossonera ha dimostrato di essere solo la controfigura dello spietato bomber ammirato alla Sampdoria. Cambiano i moduli, ma non il risultato. Allegri continua a ripetere che non è questione di moduli, ma allora perché cambiarne così tanti? Che sia 4-3-1-2, 4-2-3-1 o 3-4-3 i punti in ogni caso stentano ad arrivare.
Le colpe comunque non sono da addossare solo ai giocatori e all’allenatore, ma anche (e soprattutto) alla dirigenza e alla proprietà: le cessioni illustri di Ibrahimovic e Thiago Silva sarebbero potute pesare meno se in estate ci fosse stata una strategia di mercato ben delineata e che invece è venuta inspiegabilmente a mancare con l’acquisto di calciatori per nulla funzionali al progetto (ammesso che ce ne sia uno) e utili solamente a calmare i bollenti umori della piazza. Certo è che mettendosi nei panni di Galliani e Braida non deve essere stato affatto facile operare sul mercato con i rubinetti di casa Berlusconi (a dir poco preoccupante il suo silenzio) pressoché chiusi per ordine del tanto sbandierato fair-play finanziario.
In tutta franchezza, oltre a non aver la sicurezza che un massiccio intervento nel mercato di riparazione possa cambiare le sorti del Milan, la società dovrà pensare a come giustificarsi vista la pesante aria di smobilitazione respirata a luglio e ad agosto.
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