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Diavolo in me

Ibra spiega perché è tornato al Milan

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Zlatan Ibrahimovic ha parlato della sua nuova vita fuori dal campo. Lo ha fatto ai microfoni del podcast svedese ABTalks di Anas Bukhash: “Cardinale mi ha fatto un’offerta che non potevo rifiutare – le parole del Senior Advisor di RedBird per il Milan -. Ho iniziato a lavorare con il club da tre o quattro mesi e devo dire che sta andando bene. Sto bene, la vita è bella, mi tratto bene. Ho accettato di smettere di giocare a calcio ed è stato difficile a causa del mio ego, a causa di ciò che penso di me stesso. Io penso di essere il migliore, sono ancora il migliore, avrei anche potuto continuare, ma ho scelto di fermarmi”.
Si è poi parlato dei motivi che hanno convinto Zlatan ad appendere le scarpette al chiodo: “Voglio una bella vita per la mia famiglia. Volevo poter fare delle cose con i miei figli, se avessi continuato non avrei potuto fare tante cose, perché avevo problemi a un ginocchio. Così l’ho accettato, sono arrivato a un momento in cui ho detto ‘va bene, lascia perdere e inizia un nuovo capitolo nella tua vita’”.
A proposito di famiglia, l’ex bomber si è soffermato molto sul rapporto con le persone che ama: “Mia moglie mi dice sempre ‘ricordati chi si è preso cura di te prima che tu iniziassi a prenderti cura della famiglia’. Ha rinunciato alla sua carriera per me. Mi ha accompagnato in tutto quello che ho fatto, mi ha dato tutto e ha rinunciato a tutto per me. Non penso che dovresti avere un grande ego in una relazione, stare al di sopra di qualcun altro. Penso che dovrebbe essere 50/50, ovviamente lei si assume più responsabilità in alcune cose, e in altre mi assumo più responsabilità io. La gente può pensare che siamo una famiglia che vive una vita lussuosa, ma lei lava e cucina. L’unico aiuto che abbiamo è una donna delle pulizie. Io accompagno i bambini a scuola, li vado a prendere all’allenamento, come in una famiglia normale. È così che abbiamo scelto. In tutta la scuola (negli Stati Uniti, ndr) solo i miei figli andavano in bicicletta. Le altre famiglie avevano delle tate che accompagnavano e andavano a prendere i bambini, oppure un autista. Non è quello che siamo noi”.

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