Lo strillo di Borzillo - 365 giorni a tinte nerazzurre

Ma ce lo ricordiamo lo scorso fine anno? Era il 23 dicembre 2020 quando l’Inter vinceva a Verona due a uno e continuava la rincorsa al Milan, a distanza di un solo punticino: poi, e facciamocelo un sorriso, quella distanza non solo venne colmata ma i nerazzurri allungarono imperiosamente correndo alla conquista del diciannovesimo. Di acqua, da quei giorni, ne è passata eccome sotto i ponti. Ci siamo crogiolati nel volo sopra detto, gioendo nel vedere i nostri eroi maramaldeggiare impietosamente un po’ dappertutto e, almeno per me, incazzandomi neanche poco dopo la prestazione di Torino, sponda juventina, partita disputata senza nerbo né grinta, regalata all’avversario di turno da un rigore inesistente e da un atteggiamento poco adatto all’agone. Ecco, quello lo definirei l’unico strafalcione in un componimento altrimenti perfetto.
L’estate - ricordo il fotogramma tremendo di Christian Eriksen, onorati di averti visto indossare il nerazzurro - l’abbiamo trascorsa su una specie di calcinculo, e chi non ci è salito da bambino, almeno parlo per quelli dai trentacinque – forse anche trenta – a salire. In parte per i movimenti sul mercato, giù poi su poi ancora giù poi un filino su e così via, tralascio per pudore alcuni titoli sensazionalistici che, visti oggi, farebbero sorridere ad essere generosi; in parte per i calci nel sedere ricevuti dapprima dall’ex allenatore, forse oggi si è pentito, forse no, ma non è affar nostro, dopodiché da un ragazzo che andava in giro baciando il nerazzurro, sventolandolo a mo’ di bandiera sull’asta del calcio d’angolo, parlando e (forse) straparlando di future vittorie insieme poco prima di partire per l’Inghilterra, anche qui tralascerei modo e forma oltre alla sostanza, gli antichi romani avrebbero detto pecunia non olet. E gli antichi romani erano saggi, nella maggior parte dei casi.
Relegati a un ruolo secondario da molti media, vado a memoria ma non credo di raccontare inesattezze, proprio no, in attesa di una nuova proprietà che Suning non sarebbe arrivata a Natale però a me sembra sia ancora qui, se bene o male solo il futuro saprà o potrà ragguagliarci in proposito, l’avvio dell’attuale campionato non è stato rose e fiori, complimenti, apprezzamenti o elogi a dirla tutta. Partite ben condotte e giocate sopra la media, una su tutte quella dominata per settantacinque minuti col Real a Milano, puniti dal gollonzo di un giovanotto che nella sua carriera madridista ha segnato due reti in tutto, sempre e solo a noi, ma potrei anche citare i sessantacinque minuti della sconfitta con la Lazio o gli ottanta minuti sbagliando l’impossibile col Milan, giudicate troppo spesso dal solo risultato finale, senza puntualizzare il valore assoluto della prestazione.
All’improvviso, i giocatori fanno risalire il tutto al dopo derby e al dopo Napoli, la consapevolezza e le certezze costruite durante la passata stagione sono riemerse. L’Inter si è messa a giocare, a volte bene altre benissimo, offrendo ai tifosi grande qualità di calcio, circolazione di palla veloce, movimenti negli spazi quasi perfetti, palle gol costruite in quantità industriale, mai vittorie immeritate, un piacere per la vista la sincronia con cui si muove la squadra.
Sia chiaro: l’Inter non ha vinto niente, e per niente intendo proprio niente. Però, osservandola, mi diverto. E mi diverte anche il nuovo Simone Inzaghi, molto più comunicatore e ormai nemmeno triste e pronto alla lamentazione. Un 2021 di altissimo livello, insomma. Nella certezza che la strada intrapresa sia quella corretta per restituire ai nerazzurri allure e prestigio non soltanto a livello nazionale. Gli ottavi col Liverpool saranno un grande banco di prova per capire il grado di crescita interista.
Buon inizio d’anno a Voi e alle Vostre famiglie.
Gabriele Borzillo