Altra lezione per Allegri: a Palermo Max ha imparato ‘l’importanza di chiamarsi Dybala’…

Non possono bastare i 3 punti saccheggiati al Palermo per curare i malanni di una Juve brutta e senza idee. Quella vista ieri al Barbera è certo l’incarnazione più inquietante della Signora in questo primo scorcio di stagione: neanche a San Siro contro l’Inter i bianconeri erano apparsi così in difficoltà nel tessere gioco, nel trovare spunti a metà campo, nel giungere alla conclusione.

L’assenza di Paulo Dybala (neppure un minuto per lui nella ‘sua’ Palermo) e la contemporanea presenza di Mandzukic in coppia con Higuain hanno paralizzato la manovra offensiva bianconera, mai fluida, sempre incerta, balbettante. Dai piedi educati dell’ex rosanero passa la quasi totalità delle azioni d’attacco della Juve, lui sì, non Lemina nè Pjanic, vero regista di una squadra che davanti alla difesa non può più fare affidamento sul genio illuminante di Andrea Pirlo.

In estrema sintesi: ‘No Dybala, No Party’, senza di lui viene a mancare alla Signora la sua principale fonte di gioco, il catalizzatore di tutti i palloni che transitano dal centrocampo in su. Difficile per Higuain arrivare al tiro senza Dybala a innescarlo, troppo statico e legnoso Mandzukic per far da spalla al Pipita. Un’altra lezione di cui far tesoro per Massimiliano Allegri, che a Palermo ha imparato ‘L’importanza di chiamarsi Dybala’.